Banche: il diritto del cliente a ripetere quanto pagato indebitamente

Tribunale di Venezia sentenza n. 1041 del 15.05.2019

“L’eccezione di prescrizione estintiva sollevata dalla banca convenuta è infondata e va respinta”.

 

La suddetta eccezione pone la questione delle modalità di formulazione della stessa, come sorta all’esito della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 02.12.2010 n. 24418, la quale ha enunciato il principio secondo cui l’azione di ripetizione di indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.

La pronuncia muove dal rilievo per cui non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento.

Di conseguenza, se il correntista, nel corso del rapporto abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti) e da fare decorrere il termine prescrizionale, in quanto siano consistiti nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens ed abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens.

 

 

Conforme: Tribunale di Venezia sentenza n.837del 17.04.2019

“Orbene, sul punto condivide questo Giudice l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’eccezione di prescrizione formulata dalla banca con riferimento a tutte le rimesse affluite sul conto, senza indicazione di quelle aventi natura solutoria, come nel caso oggetto di questo giudizio, debba ritenersi inammissibile”.

Si ritiene, invero, in presenza di un contratto di apertura di credito, che “la natura ripristinatoria delle rimesse è presunta: spetta dunque alla banca che eccepisce la prescrizione di allegare e di provare quali sono le rimesse che hanno invece natura solutoria (cfr. Cass., Sez. I, n. 26 febbraio 2014, n. 4518); con la conseguenza che, a fronte della formulazione generica dell’eccezione, indistintamente riferita a tutti i versamenti intervenuti sul conto in data anteriore al decennio decorrente a ritroso dalla data di proposizione della domanda, il giudice non può supplire all’omesso assolvimento di tali oneri, individuando d’ufficio i versamenti solutori”(cfr. Cass, Sez VI-I 07.09.2017 n.20933).

Sul punto, ancora, un’altra ordinanza della Suprema Corte, per la quale “grava sulla banca, a fronte di un rapporto di conto corrente con apertura di credito, l’onere di allegare, ai fini dell’ammissibilità dell’eccezione di prescrizione – e poi di provare, ai fini della fondatezza dell’eccezione, - non solo il mero decorso del tempo, ma anche l’ulteriore circostanza dell’avvenuto superamento, ad opera del cliente, del limite dell’affidamento. Tale attività di allegazione, per quanto “attenuata” nella relativa deduzione (e, cioè, senza la necessità di un’allegazione analitica delle rimesse solutorie), deve, però, comunque recare un grado di specificità tale da consentire alla controparte un adeguato esercizio di difesa sul punto, e, in mancanza, la relativa eccezione deve essere respinta, in quanto genericamente formulata (prima che infondata). Tale dato costituisce infatti il fondamento del fatto estintivo della pretesa azionata in giudizio dell’attore, dal momento che solo nelle operazioni extra fido può ravvisarsi un’attività solutoria, con decorso della prescrizione dalla data del versamento, anziché dalla data di chiusura del conto. Nella specie, la banca, nel sollevare l’eccezione di prescrizione in primo grado, non aveva allegato, sussistendo un’apertura di credito e quindi un affidamento, che vi erano state, nel corso del rapporto bancario, rimesse effettuate ultra-fido, non più ripetibili essendo decorsi 10 anni (art. 2033 c.c.)” (cfr. Cass, Sez. I, 24.05.2018 n. 12977).

 

 

E ancora, Tribunale di Padova sentenza n.617 del 16.03.2018

 “In ogni caso l’eccezione di prescrizione è stata formulata in termini assolutamente generici, limitandosi la banca a dedurre la prescrizione per i versamenti che abbiano avuto carattere solutorio senza ulteriori indicazioni.”

Che sia la banca ad essere onerata di provare la natura solutoria delle rimesse, si richiama Cass. 4518 del 26.2.2014 secondo cui “i versamenti eseguiti su conto corrente, in corso di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens. Tale funzione corrisponde allo schema causale tipico del contratto. Una diversa finalizzazione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste relative agli interessi passivi anatocistici”).

 

Chi eccepisce la prescrizione è tenuto a dimostrarne pienamente il relativo fatto costitutivo, nell’ambito del quale rientra anche il profilo riguardante la prova certa e giuridicamente idonea dell’individuazione del “dies a quo” relativo alla decorrenza effettiva per la maturazione del relativo termine prescrizionale (cfr. Cass. n. 11843/2007 e Cass. n. 16326/2009, secondo la quale, in generale, «l’eccezione di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand’anche suscettibili di diversa qualificazione da parte del giudice, con la conseguenza che il debitore banca, ove eccepisca la prescrizione del credito del correntista ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine ai sensi dell’art. 2935 c.c., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso, conosciuto attraverso un documento prodotto ad altri fini”») (Cass. n. 3465/2013). (in www.legalconference.it)