L'obbligo del "clare loqui" della banca in caso di asimmetria informativa

Tribunale di Udine sentenza n. 671 del 30.05.2019

“E’ significativo che la clausola sia costruita in modo da porre l’accento non tanto sulla determinazione degli effetti delle variazioni dell’indice, quanto sull’impegno dell’utilizzatore a riconoscere ed accettare le variazioni del canone risultanti dall’adeguamento. Quasi che la parte autrice della clausola (e destinata ad effettuare unilateralmente i conteggi delle indicizzazioni per emettere le relative fatture) fosse ben consapevole di riservarsi una certa discrezionalità nell’ applicazione del criterio di indicizzazione e volesse assicurarsi un preventivo avallo della controparte sul proprio futuro operato.”

 La clausola da un lato, riservava alla concedente un certo margine di libertà d’azione nella sua applicazione e, dall’altro lato, impegnava l’utilizzatrice ad accettare le scelte discrezionali rientranti in quel margine.

Tale interpretazione comporta la nullità della clausola perché in contrasto con l’obbligo di trasparenza sancito dai commi 4, 6 e 7 dell’art.117 T.U.B. e delle Istruzioni di Vigilanza della Banca d’ Italia cui rinvia il successivo comma 8.

E’ doveroso precisare che l’obbligo di trasparenza nei contratti bancari, con la sua sanzione di nullità relativa, è norma speciale, che svolge una più specifica funzione, sia rispetto alle norme generali del codice in materia di indeterminabilità dell’oggetto del contratto (artt.1346 e ss. c.c. e, per quanto riguarda gli interessi, art.1284, comma 3, c.c.), sia rispetto alle norme, altrettanto generali, che disciplinano i criteri di interpretazione del contratto e, in particolare, rispetto ai criteri della “conservazione del contratto (art.1367 c.c.), del “senso più conveniente alla natura e all’oggetto del

contratto” (art.1369 c.c.) e del senso più favorevole alla parte che non ha predisposto il documento contrattuale (art. 1370 c.c.). Ciò perché, nella disciplina delle modalità e dei limiti dell’esercizio dell’attività bancaria (così come nella disciplina di altre analoghe attività riservate a soggetti qualificati e caratterizzate da una notevolissima asimmetria di conoscenze disponibili- e, quindi, di potere negoziale- tra le parti) deve essere data priorità alla funzione protettiva della sanzione di nullità disposta per determinate clausole in cui si cristallizza un uso improprio della posizione dominante del “contraente forte”. Si deve considerare che in questo tipo di rapporti di durata e caratterizzati da una notevole complessità della disciplina negoziale la posizione di superiorità del “contraente forte” non è limitata alla fase di conclusione del contratto, ma si estende alla fase esecutiva, nella quale egli ha il potere di interpretare le clausole incerte, determinandone gli effetti. E’, infatti, la banca che tiene la contabilità del rapporto e addebita alla controparte i costi che ritiene unilateralmente conformi alle clausole del contratto.

La trasparenza dei contratti bancari ha proprio la funzione di garantire ai clienti la chiarezza delle condizioni negoziali che dovranno essere rispettate nell’esecuzione del rapporto e di evitare che il contraente forte che predispone e (legittimamente) impone quelle condizioni, possa anche (illegittimamente) riservarsi- mediante l’uso di clausole astruse o contraddittorie- uno spazio discrezionale di manovra in sede interpretativa ed applicativa delle varie clausole.

Il deficit di trasparenza dell’indicizzazione tasso porta con sé anche quello dell’indicizzazione cambio, perché le due indicizzazioni sono strettamente collegate e la seconda si dovrebbe applicare al canone come variato per effetto della prima.

La nullità delle clausole di indicizzazione determina, a sua volta, la nullità del tasso di interesse del leasing, che le parti non hanno voluto fisso, ma variabile in base a quegli indici.

 

 Conforme: Tribunale di Venezia sentenza n.1280 del 12.06.2014

“L’intermediario non avrebbe descritto la natura e indicato i rischi dell’operazione e non avrebbe chiarito l’esistenza di commissioni occulte.”

La società attrice ha dedotto la violazione dell’art 21 lett.a TUF e del canone di buona fede di cui all’art 1375 indicando quali fatti integranti le suddette violazioni la violazione dei doveri di informazione verso il cliente incombente sulla banca.

I doveri di informazione sussistono anche dopo la stipulazione del contratto d’intermediazione in quanto finalizzati alla corretta esecuzione. In questa fase è dovere della banca di porre sempre il cliente in condizioni di valutare appieno la natura, i rischi e le implicazioni delle singole operazioni d’investimento o disinvestimento, nonché di ogni altra circostanza necessaria a disporre con consapevolezza dette operazioni.

A fronte di ciò la banca deve comunicare per iscritto l’esistenza di eventuali situazioni di conflitto di interesse, come condizione per poter eseguire ugualmente l’operazione se autorizzata. Attengono poi al momento esecutivo i doveri di contenuto negativo posti a carico dell’intermediario vale a dire quelli di non consigliare e di non effettuare operazioni di frequenza o dimensione eccessiva rispetto alla situazione finanziaria del cliente.

Grava indubbiamente sull’operatore l’obbligo di fornire al cliente indicazioni precise circa la pericolosità dell’investimento, anche con riguardo al rischio rimborso capitale, non potendosi ritenere assolto il dovere della banca sull’assolvimento degli obblighi suddetti, come naturale conseguenza della consegna all’investitore del c.d. documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari.

L’obbligo dell’intermediario di consegnare il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari deve essere considerato esclusivamente come una delle tante tecniche utilizzate dall’ordinamento giuridico per colmare il gap informativo tra le parti; e non, come una presunzione di consapevolezza del risparmiatore. Siffatta chiave di lettura, accolta da una parte della giurisprudenza conduce ad escludere che il mero rispetto da parte dell’intermediario dell’obbligo in questione trasformi – miracolosamente - il cliente non professionale in investitore consapevole, capace di tutelare da sé il proprio interesse e, in ultima analisi, in grado di assumersi i rischi dell’investimento compiuto. (in www.diritto.it)